Nel settembre dell’anno 1723 il maestro costruttore Tommaso Negro di Parabita ricevette l’incarico di demolire l’antica chiesa che minacciava di crollare. Da un registro manoscritto dell’epoca, Gino De Vitis¹ ha desunto preziose notizie sulla storia della Chiesa Madre di S. Michele Arcangelo. «Allorchè la Chiesa venne abbattuta, si diede senz’altro corso alla raccolta di fondi per la sua ricostruzione». Nel settecentesco registro si legge testualmente che “Si congregò pubblico regime per eleggere un sindaco per la fabbrica della suddetta chiesa, per riscuotere i dazi ed altre imposte sopra dei cittadini e per attendere alli maestri e ad ogni altro”. I lavori di erezione della sacra ‘fabbrica’ si protrassero fino al 1740. De Vitis così prosegue il racconto: «Ultimata la Chiesa nelle sue strutture murarie, bisognava completare l’interno. Già l’anno successivo (1741), la “Nobil Donna” Lucrezia De Capua, Principessa di Tricase, fece erigere, a sue spese, l’altare maggiore, chiamando per l’opera i mastri Francesco Malatesta e Lorenzo De Genua da Lecce». Precedente alla ricostruzione è l’altare oggi dedicato a S. Michele. L’edificio venne danneggiato dal terremoto che nel 1743 scosse la penisola salentina. Costituito da un’aula unica a pianta rettangolare, subì modifiche di ampliamento nel 1933: «Difatti furono ricavati due bracci prospicienti le vie Carlo Alberto e Michele Frascaro, ottenendo così una fabbrica a croce latina». Nel 1955, tuttavia, considerato troppo stretto il tratto di strada davanti la chiesa, l’Amministrazione Magli decise di smontarne la facciata, arretrandola di qualche metro. Andarono perduti, però, due altari laterali e l’altare maggiore del 700, sostituito da uno in marmo. Nel 2008, oltre al risanamento strutturale dell’intero edificio, gli ultimi rifacimenti hanno interessato l’adeguamento liturgico dell’area presbiteriale, progettata e decorata da P. Marko Ivan Rupnik.
¹ GINO DE VITIS, La Chiesa Matrice, intitolata a S. Michele Arcangelo, «Il nostro Giornale», a. I – n. spec., Supersano, 25 dicembre 1977, p. 1 e p. 8.
L’Altare di Santo Stefano
Attualmente dedicato a S. Michele, l’altare secondo a sinistra entrando dalla porta principale della Chiesa Madre, era invece riservato a Santo Stefano, come ha rilevato Stefano Tanisi¹, ricordando come Mons. De Rossi nella visita pastorale del 1711 avesse annotato «un altare dedicato a Santo Stefano, avente un dipinto su tela con l’immagine della Beata Vergine con il Bambino in braccio e i santi Francesco da Paola e Stefano.
L’altare, come ci informa il prelato, fu edificato cento anni prima dai Filomarino duchi della Torre». Nel 1735 Marcello Filomarino, Vescovo di Mileto in Calabria, «rinnova nella chiesa supersanese l’altare di Santo Stefano come testimonia l’epigrafe sulla trabeazione» e, secondo quanto l’accurata analisi stilistica condotta da Tanisi lascia supporre, ne affida i lavori al coriglianese Orazio Carrone.
¹ S. TANISI, L’altare di Santo Stefano in Supersano. I Filomarino nobili committenti dei pittori Malinconico e degli scultori Carrone in S. CORTESE-S.TANISI, L’iconografia di Santo Stefano in Supersano, cit. pp. 17-18.
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